Do you have the papers? La stampa, Spielberg, gli anni ’70
The Post termina laddove cominciava Tutti gli Uomini del Presidente. Il nuovo film di Spielberg candidato come Migliore ai prossimi Oscar, non solo cita ma semmai riprende il discorso del film cult di Alan J. Pakula (1976) sullo scandalo del Watergate, i cui fatti avvengono subito dopo quelli narrati da Spielberg appunto.
Un film di quelli che si definiscono di ampio respiro, come – a dire il vero – raramente capita di vederne: una sceneggiatura di ferro che fila liscia come l’olio e accompagna lo spettatore dall’inizio alla fine, prendendolo per mano senza farlo sobbalzare o senza consentirgli un dubbio, ma rendendo piacevole il suo viaggio. Un viaggio quello che si fa alla visione di The Post, fatto di ricostruzione storica e ambientale, di personaggi tondi e compiuti, anche quando si presentano dubbi e ambigui.
Una splendida Meryl Streep che recita in (forte) odor di Oscar (fa poca differenza se avrà o meno la statuetta) è insieme una donna, un’imprenditrice in un settore delicato e in cambiamento come il giornalismo, l’editrice di un quotidiano che da locale si prepara a diventare di respiro nazionale, guadando il fiume in piena della politica pre Watergate, proprio durante la guerra del Vietnam.
Un film che riconcilia con il cinema e che, pur non avendo tocchi prettamente d’autore né aprendo spazi di interconnessione e interazione allo spettatore, lo fa sentire bene e lo soddisfa visivamente e narrativamente. Con delle immagini e dei dettagli che, è evidente, nascono direttamente in fase di scrittura per avere una perfetta resa visiva in un racconto che, davvero, funziona.
E allora, solo per fare qualche esempio, gli occhiali di Katherine “Kay” Graham raccontano un’epoca e grazie al modo in cui lei li tocca e li rende più di mero oggetto scenico, diventano anch’essi personaggio del film, personaggio che perde pian piano di peso in modo direttamente proporzionale alla trasformazione della donna nel corso della storia.
E la rotativa naturalmente, oggetto bellissimo, che incanta e lavora con un ritmo incessante, fissando al contempo pezzi di storia e di umanità.
Perché, si sa, il giornalismo e la comunicazione sono roba grossa: è la stampa, bellezza.